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A partire dal 2008, mentre buona parte del globo sembrava avviluppata nell'intricato meccanismo di ristrutturazione economica e sociale chiamato «crisi», un'ondata conflittuale di vasta portata - dalle Primavere Arabe all'Occupy Movement - ha dato voce a soggettività niente affatto rassegnate a sacrificare se stesse sull'altare delle contraddizioni tra capitale e lavoro. È in questo fermento che Jasper Bernes scrive "Comunismo e logistica": un testo che, fortemente radicato nel metodo prassi-teoria-prassi, prende piede dal tentativo di occupazione subito dal porto di Oakland per estendersi al cuore dell'economia post-fordista, un ambito in cui la logistica ha smesso da tempo di rivestire un ruolo puramente tecnico per mettersi al servizio della distopia liberista, secondo la quale tanto gli uomini quanto gli oggetti dovrebbero «conformarsi alla forma più fluida e più pura che il capitale può assumere: il denaro».