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"'Quello che soffro è contro la giustizia!'. Da venticinque secoli il grido di Prometeo evoca simbolicamente lo strazio degli oppressi, di chiunque sia incatenato a un duro destino dal Potere e dalla Forza. Il tempo mitico di tanta pena crudele - trentamila anni - lo rende fraterno all'umanità fin dal suo inizio. Le epoche rivoluzionarie lo esaltarono come emblema della rivendicazione politica e sociale: Enzo Mandruzzato, nel saggio introduttivo, invita ad ascoltarne anche l'energia profetica, la sua sfida come riformatore religioso. Avere 'troppo amato gli uomini' è la colpa, il dono della 'speranza cieca', che impedisce loro di 'vedere' la morte e li salva dalla rinuncia alla vita, è il suo atto di 'superbia'. Zeus fa incatenare il 'ribelle' a una rupe della Scizia, remota da ogni consorzio divino e umano, ma alla fine della trilogia sarà costretto a liberarlo, a riconciliarsi con lui e con gli uomini; e se non giungerà ad amarli, perlomeno li accetterà, permettendo che nasca la Storia. Avviene un grande dramma nel Divino, ben degno di Eschilo, l'inventore del teatro. La traduzione di Enzo Mandruzzato è all'altezza di tanta potenza." (Giuliano Pisani)