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Nelle raccolte "Storie naturali", "Vizio di forma" e "Lilít e altri racconti", così come anche nelle storie scritte negli ultimi anni di vita, è evidente l'intento di Levi di servirsi dei miti per dare forza alle proprie narrazioni: non solo ama giocare con i miti tradizionali, ne crea anche di alternativi, facendo convergere la tradizione greco-romana, quella ebraica e la fantascienza di cui era avido lettore. Prometeo, il Golem, Lilít e il centauro: sono queste le figure che ritornano in molti racconti e che per la loro origine mitica sono la porta d'accesso ad un universo di significati antropologicamente pregnante, arricchitosi nel corso di varie elaborazioni storiche. Grazie alla densità semiotica di questi simboli Levi può presentare la propria etica in forma narrativa senza correre eccessivi rischi di semplificazione, esplorando ambiguità e dilemmi della condizione umana. È tempo di rileggere questi racconti d'invenzione. Potrebbero rivelarsi resistenti al tempo tanto quanto i protocolli di Auschwitz.