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Nella poesia di Monika Rinck l'esplorazione dell'universo dei significati avviene nella consapevolezza di come la lingua sia stratificata, gravida di una storia che è fissata nell'etimologia delle sue componenti. La lingua è carica non solo dell'immaginabile, ma anche di tutto ciò che non ha superato la soglia dell'indicibilità e trovato una forma linguistica nell'astrazione del concetto. È a fronte di un'attenzione costante per gli spazi apparentemente sottratti alle fissazioni di senso che Rinck paragona il componimento poetico a un filtro che può trattenere così come rilasciare quanto passa attraverso di lui. Cos'è dunque a costituire la poesia? Ciò che resta impigliato nel filtro, o piuttosto quel che vi fuoriesce?