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Con questo volume, "E quindi ci vediamo a un'ora qualunque", Alessandro Quattrone ritorna ai dialoghi teatrali che già costituivano il contenuto del suo libro precedente ("A me non sembra di dover morire"), apparso in questa stessa collana. Non c'è salto di continuità fra le due raccolte, ma piuttosto un approfondimento del discorso. Qual è questo discorso, e in che consiste il suo approfondimento? Quattrone elabora un tipo di scrittura che si potrebbe definire surrealismo light - e forse la maggior parte di ciò che di surrealistico si può trovare nella letteratura italiana moderna e contemporanea è light; con la maggiore eccezione per quella forte, e ancora non completamente compresa, alternativa al surrealismo che è il futurismo. Ma ciò non significa che la storia di questa vena surrealistica italiana non sia ricca e complessa. Infatti, senza scomodare la letteratura medioevale e rinascimentale, mi sento di indicare come genealogia ultima del "metodo Quattrone" (fatte salve le debite proporzioni) le "Operette morali" di Giacomo Leopardi. (Dalla Postfazione di Paolo Valesio)