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«Prima di tutto emerge la concezione della poesia come espressione della "vita", non quindi forma letteraria fine a se stessa, ma trasposizione dell'esperienza, realmente vissuta e esperita, poesia come strumento che ha bisogno delle "parole", a cui va quindi attribuita la massima attenzione e la cura che meritano, perché possano essere "inviate" (c'è quindi un destinatario con cui va instaurato il dialogo: l'altro da sé) "oltre confine", appunto. Le parole devono quindi essere in grado di travalicare i propri limiti, rompere indugi e barriere, attraversare l'altro per farsi concrete e entrare in sintonia con il mondo; ma tale processo non può mai essere a senso unico. (...) La poesia di Bondioli, come appare esplicito in questa opera, naturale approdo delle precedenti, è allora soprattutto voce che cerca di indagare l'uomo (fosse pure, come in passato, attraverso gli "animali di strada"), tutta la contraddittorietà della sua esistenza, definita con un'espressione felicissima "mappa precaria / dei suoi infiniti approdi".» (Dalla Prefazione di Fabrizio Bregoli)