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Nella seconda metà del Novecento, e in particolare dall'esplosione della Neoavanguardia in poi, la poesia italiana cambia radicalmente fisionomia, eludendo o abolendo tutta una serie di consolidati parametri retorici, si fa sempre più occasionale e parlata, precaria, e diventa perciò spuria, irriconoscibile - e in questa deriva, caratterizzata dal rifiuto del "grande stile", vengono coinvolti anche poeti più "tradizionali", come Pasolini e Montale. Nonostante le difformità, che ovviamente raggiungono il massimo con il dinamitardo del gruppo, Emilio Villa, i poeti qui analizzati sono tutti, più o meno, testimoni diretti o indiretti di questa trasformazione epocale donde poesie come sproloqui, poesie "resistenziali", controvoglia, davvero "postume". E insomma: anti-poesie.