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"Se esiste in Fitzgerald una doppiezza è proprio verso Zelda Sayre: il lavoro continuo contro la pazzia, ma anche il dialogo con essa; la sublime coincidenza tra uno spirito di conservazione e uno di distruzione. Era impossibile per lui proseguire la vita senza la compiutezza dell'amore: o meglio, Fitzgerald lavora, e lavora sodo (anche fino all'infarto), ma si muove nella società da allora in poi come il fantasma di se stesso; lavora per pagare la cura ormai senza speranza di Zelda. E se tornerà a scrivere con "Gli ultimi fuochi", è per cercare lei in un mondo altro: lontano dalla clinica e ancora più lontano dalla realtà". "F. Scott Fitzgerald e l'Italia" ripercorre la storia della ricezione editoriale e critica che il nostro paese ebbe nei confronti dell'opera dello scrittore americano: dalle prime traduzioni di "Tenera è la notte" e "Il Grande Gatsby", che vennero ignorate dal pubblico, fino alla riscoperta autoriale nel secondo dopoguerra e alle nuove edizioni italiane che ne seguirono, per arrivare alla conclusione che "dal dialogo con se stesso e con Zelda nasce cioè tutta l'opera di Fitzgerald".