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"Vi sono libri, come in questo di Marisa Papa Ruggiero, in cui la parola poetica mette in scena un teatro di figure della mente gravide di attesa, di tensione, di pathos che contagiano chi legge. Una scena che è una densa contrapposizione di molecole cromatiche sulla retina transitanti nel campo sensoriale secondo flussi allusivi, eccentrici, mai narrativi, dietro cui si intravede una necessità estetica di fondo, una precisa condizione dell'essere. Parola poetica come dialettica metamorfica dell'accadere chiamata a segnare un passo problematico all'interno di dinamiche visive molto accentuate; parola come dramma in atto che sperimenta se stesso, come sguardo rivolto all'interno del corpo scenico in azione per coglierne tanto la fugace essenza, che la sua alterità." (Giulio Greco)