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Il saggio critico di Alberto Comparini, nato dall'impegnativa rielaborazione e dall'arricchimento della tesi di laurea in Lettere Moderne dell'autore stesso, mira a dissipare la nebbia dell'obscurisme che rischia di interdire la lettura e la comprensione di quello che, forse, è il textus poetico più complesso (e affascinante) del Novecento italiano: "Iride", di Eugenio Montale. Attraverso un'analisi ermeneutica, attenta al significante non meno che al significato, il testo montaliano viene sviscerato (ma mai violentato) con straordinaria scaltrezza, assumendo una colorazione che mira a renderlo imprescindibile microtesto di partenza per la comprensione di quel macrotesto che è La bufera e altro. Attingendo all'intramontabile letteratura classica, adottando in parte un paradigma "vitanovesco" e muovendosi alla luce della filosofia otto-novecentesca, l'autore si propone di obiettivare le semie nascoste dietro versi "sognati" e poi "trascritti", provando, e riuscendo, a decifrare il mistero religioso, teologoico e teogonale, che domina Iride.