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Due le chiavi di lettura dell'opera. La prima di carattere linguistico, tentativo d'imitare per coinonia la iperuranica parola nietzschiana, scarna, scheletrica, essenziale, ma fisicamente e metafisicamente lirica. La seconda è il bisogno di porre sul banco dell'accusa una struttura come la Chiesa, che condanna l'uomo come peccatore a priori. Occorre contrapporre a un tale ordine la fotocopia di un ulteriore ordine costituito o smontarlo dalle fondamenta, a favore di un libero disordine, di una entropica anarchia? L'effettualità della vita non va interpretata né cambiata, ma vissuta intensamente dal soggetto causa sui, ebbro del volere di esserci e fruitore del divenire in tutta la sua molteplicità e casualità. Un divenire bello e brutto, buono e cattivo, morale e immorale. Amare e odiare, uccidere o porgere l'altra guancia fanno parte dell'unico spartito dell'essere, capriccioso e volubile, variegato nella sua fenomenologia.