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L'Antico Alfabeto degli Archetipi non è mai scomparso dagli occhi e dalle orecchie dei saggi di ogni tempo. Ne parlavano Enoch, Abramo e Akhenaton, così come Platone, Archimede e Pitagora. Ne parlavano la Bibbia e i Vangeli, prima che fossero rimaneggiati. Ne parla "Il Vangelo di Tommaso", che per duemila anni è rimasto intatto sotto terra in riva al fiume Nilo. Nel 1919 Carl Gustav Jung usò la parola "Archetipi" per indicare "le idee innate e predeterminate dell'inconscio umano". L'esistenza degli Archetipi si respira ancora nei racconti delle antiche filosofie che affermano che il pensiero crea la realtà. I ventidue Archetipi sono infatti gli strumenti con i quali è stato progettato e dipinto l'Universo. Con una delle innumerevoli combinazioni dei segni di questo alfabeto primordiale, in cui i simboli si uniscono ai suoni, l'uomo è in grado di esprimere il proprio potenziale divino. Lo studio degli Archetipi ci permette di aprire gli occhi sul potere divino che ognuno di noi possiede. Gli Archetipi sono "funzioni" basilari della vita che vanno ad intersecare suoni, lettere, colori, disegni, pensieri e azioni. Ogni aspetto creativo dell'universo è semplificabile a tal punto da corrispondere a una delle innumerevoli combinazioni di questi segni sacri. Nell'antichità, gli Archetipi erano conosciuti e usati, su di essi furono costruiti i primi linguaggi; anche Socrate e Platone erano consapevoli della loro esistenza ed erano in grado di usarli, ottenendo così una comprensione profonda dei fatti della vita. Finché non capirà il significato degli Archetipi, l'uomo sarà dualista, in perenne lotta fra il bene e il male. "Col pensiero dialettico non si è risolto nessun problema, ma, uscendo dalle forme e osservando il proprio pensiero e i suoi Archetipi, l'uomo sta per scoprire di avere la stessa matrice universale da cui sono nati tutti gli esseri viventi e da cui è uscito l'intero cosmo. Il piccolo uomo comincia a scoprire il Grande Uomo, quello che non ha confini. E ne sente la voce".