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Per Gianni Dessì è sempre stato fondamentale, a partire dai suoi esordi, la ricerca di un momento dell'espressione che faccia giustizia del caos percettivo, di un bagliore di senso che indichi un ingresso e una possibilità di riposo. La sperimentazione non ha mai fine esattamente come la necessità di scavare negli archivi della tradizione. Nato a Roma nel 1955 e diplomatosi all'Accademia di Belle Arti con Toti Scialoja, in questo catalogo della mostra newyorkese alla Casa Italiana Zerilli-Marimò, Dessì fa una sorta di bilancio e ragiona sul significato del suo ricercare e, soprattutto nel gigantesco carboncino, in otto pannelli (250 x 450 cm), espone in modo quasi programmatico il senso della forma come emergenza, come sfida all'opacità, sia biologica sia esistenziale, che da sempre lo accompagna. Vista, che è il titolo scelto da Dessì, a sua volta titolo dell'intera mostra, va inteso anche in questo senso, vista di camera, di interno, oltreché, naturalmente, in quello ottico-filosofico per cui viene messo in questione lo statuto delle forme come statuto dell'io.