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La poesia di Piero Poggialini trae la sua linfa vitale dall'esistenzialità più vibrante e sincera: qualcosa, per stessa definizione del suo autore, che deve suscitare la curiosità e il piacere di essere letto perché ognuno può rispecchiarvisi e confrontarvisi originandosi la scrittura da emozioni che hanno il loro comune denominatore in esperienze di vita condivise da tanti. Scaturito da un nucleo incandescente di ricordi vivi, di struggimenti, di nostalgie, di rimpianti, di nodi esistenziali mai pienamente sciolti e per ciò stesso ancora oggi fecondi, ma anche di squarci sereni e di un afflato costante verso l'amore e l'affettività diffusa, il dèmone ispiratore di questa poesia è quello di voler fissare su carta, in una forma sempre mutevole di equilibri sfuggenti e indefiniti (gli indefiniti confini, appunto), la sublimazione estetica di una materia tuttora vivissima nell'autore e quasi inafferrabile nella sua cangiante natura. Una poesia rievocativa ed introspettiva al tempo stesso, che delle memorie compie un'analisi lucida ma ancora sospesa e non definitiva. Da qui l'evoluzione, la ricerca, il venire a patti con sé stessi che ne costituiscono la cifra formale e sostanziale più evidente [dalla presentazione di Leardo Mascanzoni].