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Sono le parole dei morti quelle che giungono a noi, dopo cento anni, a raccontarci il dolore della Grande Guerra. Nell'anno delle celebrazioni per il centenario dallo scoppio del conflitto, si è scelto di ridare voce a quegli uomini, a quei ragazzi che partirono dal loro paese per essere inghiottiti dall'orrore della guerra. Dalle lettere, dalle cartoline emerge un'umanità straziata, dolente in cui naufraga la strombazzante retorica dell'eroico soldato. Sdraiati nel fango delle trincee, mangiati dai parassiti, gli uomini tosco romagnoli ci raccontano una storia che non è composta da battaglie vinte o perse, da nomi celebri e da date da ricordare, ma è una storia fatta di sofferenze quotidiane, di mancanze e di preoccupazioni; le vicende belliche, disorganiche e frammentarie, sono solo la cornice che si fonde a ben più corpose epopee familiari, a volte drammatiche, a volte tenere, sempre commoventi. Lettere, cartoline e comunicazioni sono prevalentemente riconducibili a soldati di Galeata, ma sono presenti anche missive di soldati partiti dai paesi limitrofi, come Santa Sofia, Rocca san Casciano, Premilcuore e Civitella.