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Aurea guarda in faccia l'incertezza, quella dei giorni che passano, la traduce in un suo dizionario sottile, anzi le dà proprio voce, le conferisce la parola. Essa diviene personaggio narrante, poeta invisibile, angelo custode. Ogni immagine della realtà è sempre provvisoria, sospesa come il frullare di uccelli dopo giorni di pioggia. Questa precarietà non genera però inquietudine, al massimo nostalgia. Non c'è paura del futuro. L'accettazione della vita per quel che è, con le sue grazie e i suoi fardelli, resta componente stabile della poesia di Aurea, probabilmente anche della sua vita. C'è tuttavia un mostro con cui la poetessa deve lottare. L'inganno è sempre dietro l'angolo. Persino l'inverno può travestirsi, sembrare altro, apparire come battute di primavera. L'armonia apparente assume allora una forma di bellezza confusa, per certi versi inquietante, ma di sicuro seducente. Con consapevolezza, Aurea, accoglie l'ambivalenza. Così come accoglie Odisseo, la sua illusoria ed effimera ambizione.