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"Quando mi trovo a camminare lungo le strade e i sentieri dei miei colli, o anche solo a guardare certi posti o delle case abbandonate delle quali io conobbi gli abitanti, le loro voci, le storie, mi prende un reale sconvolgimento interiore che mi trascina in tempi e luoghi che non sono più ma riemergono e s'annullano nel misterioso divenire della vita". Dall'essere stato testimone di questa realtà deriva per il poeta il bisogno profondo di recuperare quella che egli chiama "la memoria salvifica" attraverso la rappresentazione di quel mondo ormai in via di estinzione. Non a caso i vecchi sono i veri protagonisti della poesia del montianese, scandita sullo scorrere del tempo che per lui non è più o non è solo quello ciclico dell'anno agrario, ma è il tempo lineare e inesorabile della vita che non concede ritorni. La scelta del dialetto si direbbe abbia costituito nel percorso del poeta il punto d'incontro naturale fra il contenuto di una poesia che ha intonato il suo epicedio struggente e accorato a una cultura, nella quale egli stesso si è formato, e la lingua in cui tale cultura si è espressa