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Nel porre le sue fondamentali domande su cosa costituisca la funzione, o l'essere, o lo strumento essenziale del terapeuta, Vinci cerca di enucleare quello che costituisce l'essenza del terapeuta e della pratica clinica, come si arrivi cioè a rivestire questa funzione fondamentale, e quali caratteristiche avrebbe quello che, sintetizzando, chiamiamo "terapeuta" cui origine ha in sé sia il senso della cura, della guarigione, "terapeia", ma anche del "terapon", ovvero del servitore, colui che reca cioè un servizio (in realtà il termine greco designava un servizio agli dei, che reca in sé il senso di una forma di sacralità). Vinci inquadra le sue fondamentali domande sul terapeuta e il suo speciale sapere in un ambito a metà tra scienza e umanesimo, tra sapere e sentire, tra letteratura e ricerca, certezza e incertezza, tra conosciuto e inconosciuto o inconoscibile, tra una pratica acquisita con gli strumenti della tecnica, dello studio e della cultura, e un sapere che, pur racchiudendo in sé tutte queste conoscenze, esula da esse e ne è in qualche modo un presupposto imprescindibile, e presenta al suo fondo un elemento misterioso e da comprendere con strumenti non solo scientifici.