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Il soggetto migrante è suo malgrado chiamato ad affrontare un problema di identità su due livelli: quello intrapsichico, attraverso il vissuto di un'autonomia esistenziale incrinata, un Io che vacilla, in un ruolo di uomo espatriato in preda alle preoccupazioni e alle difficoltà di chi ha lasciato un mondo di relazioni e di affetti, nel tentativo di ricostruire una propria dimensione umana e di vita in un Paese che si spera migliore. Il secondo livello è dato dall'esigenza delle minoranze etniche, sul piano politico-sociale, di una comune appartenenza, di una propria identificazione, di un noi collettivo che possa essere rafforzato attraverso il riconoscimento, da parte degli altri, in un loro collettivo. Se questi due livelli non si realizzano armoniosamente ci può essere una cesura, un collasso segnalato anche dalla simbolizzazione: attraverso il modello psicodinamico del setting interculturale con l'esperienza immaginativa il soggetto può ritrovare la capacità di nuove esperienze emozionali e favorire l'espressione del pre-conscio verso un nuovo potenziale creativo.