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Ogni giorno, con puntualità ed infallibile sincronismo, al sopraggiungere delle prime ore della sera l'Italia dei mille campanili, il paese dagli innumerevoli volti e i variegati dialetti, improvvisamente si ricuce. Sciami di adolescenti dall'aria sbarazzina, bande di teen-ager dall'abbigliamento uniforme, gruppi di giovani dall'età già quasi adulta, abbandonati gli impegni e le incombenze quotidiane convergono immancabilmente verso la piazza principale della loro città per compiere la più diffusa liturgia che il mondo della provincia conosca e sappia celebrare: lo struscio. Ad Avezzano, così come ad Aosta, Trapani, Spoleto e Cerignola, dedicarsi allo struscio significa partecipare ad una sorta di spettacolo collettivo in cui ogni partecipante è chiamato a recitare un copione fisso e ad incarnare una parte precostituita in relazione alla quale il ruolo interpretato è al tempo stesso quello di attore e di spettatore. In questo senso lo struscio assume la valenza della pratica per eccellenza del vedere e del concedersi all'altrui sguardo.