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Goethe aderì, nel 1780, alla loggia Anna Amalia delle tre rose. Nel 1781 divenne "compagno" e nel 1782 "maestro". Ma poi successe qualcosa d'imprevisto: le lotte interne nella massoneria tedesca si ripercossero anche nella loggia di Weimar che "entrò in sonno", chiuse i battenti per una ventina di anni. Goethe continuò a interessarsi della attività massonica: nel dicembre 1782 fu iniziato agli "alti gradi", mistici e spiritualistici, e nel febbraio 1783 aderì alla "concorrenza" entrando nell'ordine degli Illuminati, radicali e laici. La più autentica elaborazione della concezione massonica la dobbiamo cercare nelle sue opere: alcune specificamente massoniche, come "I segreti", "Il Flauto Magico" (continuazione dell'opera mozartiana), il dramma "Il gran cofto", nonché in varie liriche, ma soprattutto nel romanzo "Wilhelm Meister" - il vero monumento settecentesco alla massoneria - e nel "Faust", l'estremo poema universale incentrato sulla magia e sul suo superamento spirituale, un tema appassionatamente dibattuto tra Illuminati e illuminés, che non ha perso la sua attualità.