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Un Magistrato di provincia. Una professionista di successo. Una famiglia perfetta. Poi la dolorosa e inaspettata scoperta. Un figlio che si ammala, improvvisamente, di una malattia crudele e impietosa, che non lascia scampo. Il dolore impotente di un padre, che si trova a dover fare i conti con una realtà troppo dura da affrontare. La consapevolezza di dover sopravvivere alla propria creatura. Il lento, cosciente, percorso interiore che conduce un cittadino integerrimo, custode della legge, a compiere un gesto estremo, vissuto tuttavia con quel coraggio e quella forza che conducono all'onesto riconoscimento della propria sconfitta. La sintesi perfetta di questo "percorso interiore" è tutta concentrata negli ultimi capitoli, nei quali il protagonista lotta ferocemente per ricacciare dentro un pensiero che appare mostruoso, innaturale, ma che, alla fine, riesce a prendere il sopravvento sul pietismo e la commiserazione fino a portarlo ad affermare, sorprendentemente: "la cosa fondamentale è la legittimazione interiore di ogni gesto, anche il più estremo".