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"Questo testo è frutto di venti anni di lavoro etno-clinico con famiglie migranti, con le scommesse, le sfide e gli scacchi che la migrazione pone e ha posto loro; è il frutto anche dell'incontro con le mie domande e quelle degli operatori dei servizi socioeducativi. Domande che hanno orientato la mia azione clinica verso la ricerca e sperimentazione di nuove pratiche di lavoro quali la costruzione di spazi di mediazione culturale, l'utilizzo della mediazione linguistica culturale e del lavoro etnoclinico. Stare in uno spazio di mediazione culturale è stato, ed è per me, un ambito di esperienza che ci può spostare dalla nostra sfera puramente individuale e etnocentrica verso il mondo degli altri. Per lo straniero, il migrante, l'altro culturale, può rappresentare invece uno spazio di riconoscimento attraverso la possibilità di mostrarsi nel proprio sapere culturale." (L'autrice)