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La poesia di Marina Ribaudo girovaga fra ricordi dimenticati, che affiorano mentre va di fretta e con lo sguardo fruga la città, o fra passaggi di treno, in cui ha modo di osservare un'umanità variegata che non rinuncia ai cari sogni invecchiati, o si dipana nei silenzi del pomeriggio, dentro la casa vuota e piena di esistenze, di quelli che vi hanno vissuto e di quelli che vi abiteranno un giorno. L'autrice ci parla del suo rapporto col tempo, col desiderio, con la fragilità. Usa la poesia per curare ferite impossibili da guarire, ma anche per scoprire che la gioia è a portata di mano, fino a diventare possibile, per una notte, essere regina e possedere la città.