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"La generazione di Luppi coincide con quella del Grande freddo, invecchiata senza essere mai diventata adulta, figlia di una contestazione radicale ai valori consegnati da nonni e genitori, ma incapace di farsi a sua volta genitrice, progettandone di nuovi: una generazione carica di disillusioni e di sogni infranti, però animata nello stesso tempo da una tensione utopica che nel corso dei decenni ha visto a poco a poco attenuarsi e affievolirsi la sua energia propulsiva e vitale. A ciò si aggiunge la disillusa consapevolezza che l'unica eredità ancora viva del Sessantotto è di ordine antropologico e non politico... Eppure, chi dice io, il portatore sano del Soprannome dreamer che dà titolo al libro, non è pur sempre - e una volta per tutte - "l'uomo che da ragazzo correva in soccorso ai più deboli, quello che predicava l'amore e nutriva una fiducia smisurata nell'umanità"? Il Luppi narratore è molto bravo a trasferire e quasi a trasfondere tale consapevolezza entro il sistema coerente della sua raccolta di racconti e a trasformare l'inevitabile disillusione di un qualunque "dopo" non in rabbia distruttiva bensì in desiderio inesausto di trovare una collocazione ancora umana nel proprio tempo presente, vale a dire nell'oggi di oggi". (Dalla prefazione di Alberto Bertoni)