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A Parigi si trovano delle persone eleganti - scriveva Stendhal - in provincia possono esserci delle persone di carattere. Castelfranco Emilia, dall'inizio del secolo scorso al secondo dopoguerra, è un paese animato da figure memorabili: Barilèin, Minestra, Cicion, Tromba, Rizioti, Walter Sarachèina, uomini di altri tempi e di altri costumi, che appena affacciati al mondo ricevono un soprannome da portarsi dietro per tutta la vita. Come Francesco Gherardini, detto Giulitti per via della mai nascosta ammirazione per il grande statista liberale Giovanni Giolitti. Poi, per tutti quei ragazzini che avevano appena dismesso i pantaloni corti, viene la guerra. La guerra che li porta in Africa, in Europa, in Russia. A Giulitti tocca, dopo il servizio militare in Libia, la disastrosa guerra di Grecia. Tra le nevi e il fango ghiacciato del Monte Kosika, in mezzo a voci che non riconosce e al servizio di un credo che non sente suo, Francesco vive l'esperienza universale della trincea. Una medaglia di bronzo ricorda l'impresa eroica che lo ha visto, per due giorni e due notti, stare al fianco di un commilitone ferito e riportarlo in salvo sulle spalle, tra i fischi del fuoco nemico. Cose che si leggono nei poemi, e si vivono nei paesi. Il dopoguerra cambia gli stili di vita, ma non gli animi. Alberto Poppi, zinzèla, onora con questo racconto la memoria di nonno Giulitti, e con essa la memoria di un'intera epoca: quando ci si dava del Voi ma ci si trattava come fratelli.