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Nel 1943, per quasi cento giorni una famiglia ebrea - Aldo e Alda Lusena e la loro piccola Bianca Maria - si nascose a Biforco, un piccolo centro dell'alto Casentino, per sfuggire alla persecuzione razziale. Caduti nelle mani di faccendieri senza scrupoli che volevano impossessarsi delle loro ricchezze, vennero intimoriti al punto di scegliere il suicidio piuttosto che la paventata deportazione. La lettura delle carte processuali ritrovate di recente consente di rievocare una terribile vicenda che nasce con le leggi razziali e diviene via via più aberrante mano a mano che l'innocua e indifesa famiglia diventa vittima dell'altrui cupidigia, che non si ferma nemmeno di fronte alla morte. Dei contorni di questa vicenda si conserva ancora una viva memoria in Casentino, ma la sua narrazione attraverso le testimonianze processuali svela i risvolti inquietanti di un aspetto della Shoah finora rimasto nell'ombra.