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"Fino a Cahors" è un titolo semanticamente intenso (Fino è il cognome ma è anche l' avverbio di moto a luogo relativo al dove i Fino, famiglia di migranti irpini, si sono spinti nel loro espatrio contadino), e apre lo scritto autobiografico di una donna nata e registrata all'anagrafe francese come Ginette Marie; il cui nome fu adattato all'italiano Ginetta Maria dopo il trasferimento a Bologna. Lo stesso nome proprio è semanticamente complesso. Ginetta Maria nata Ginette Marie Fino. La "doppia assenza" dei migranti si insinua anche nei nomi. Il libro parla di emigrazione contadina in Francia, parla di famiglie del sud, di sottomissione e violenza sulle donne, di povertà, e di storie bambine e adolescenti. Parla di una famiglia composta da papà Giosino e da mamma Maria, da fratelli e sorelle, amici e vicini, che - negli anni della sua nascita - ha ricevuto una forte impronta dalla provincia francese. Per 157 volte in queste pagine l'autrice chiama sua madre "maman", e la sua madrina di battesimo, Jeannette Richard, per 14 volte "marraine". "Fino a Cahors" è storia di una infanzia francese che sfuma, piena di nostalgia, in una adolescenza italiana, dopo il ritorno in Italia ma non nella terra di origine.