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"Osservando le mani di Stefano, quando suona il pianoforte, si scopre che il suo modo di toccare i tasti sembra una danza; un teatrino di marionette con dieci personaggi, che pendono dagli occhi; uno sguardo accigliato, distante, come se tutto ciò che genera la musica arrivasse da molto lontano. Le marionette, appese al filo, non toccano i tasti, ma li sfiorano; il peso è altrove. Le due mani, gemelle siamesi separate alla nascita, conservano memoria di quando nacquero unite e, dopo aver fatto entrambe un lungo viaggio, si ritrovano ancora insieme, ma diverse. Non si spiega altrimenti, pur in azione sullo stesso palcoscenico, l'estrema indipendenza delle due mani: la destra carnale e cacciatrice, canta senza interruzione; la sinistra divina, altera e ammonitrice, propone, anche solo con gesti muti. Com'è noto, l'emisfero destro del cervello controlla la parte sinistra del corpo e viceversa; inoltre, solo il lato sinistro del cervello è deputato al controllo del linguaggio, quindi la straordinaria indipendenza e intraprendenza della mano sinistra di Stefano, avvalorerebbe la teoria secondo la quale "Il linguaggio degli uomini fu localizzato in un solo emisfero per lasciare l'altro, il destro, libero per il linguaggio degli Dei". Questo svelerebbe anche il profondo senso mistico della musica di Stefano, secondo il quale la musica non è solo tecnica fine a se stessa, ma bensì qualcosa di molto più profondo, un fuoco primordiale." (Piero Bronzi)