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Buona parte della storiografia ufficiale sostiene che l'Austria-Ungheria si dissolse a causa del cosiddetto "problema delle nazionalità", nel senso che furono i suoi popoli a volere la fine dell'impero, perché essi lo ritenevano una "prigione dei popoli". Lo smembramento dell'impero in tante repubbliche faceva parte in realtà di un progetto della massoneria francese, nato addirittura prima della Rivoluzione del 1789, che mirava a repubblicanizzare l'Europa intera e a distruggere lo Stato Pontificio. Fu infatti la massoneria francese, successivamente sostenuta da quella italiana, che ordì per sabotare ogni tentativo di pace, soprattutto se proveniente da Carlo I d'Austria, imperatore e baluardo cattolico, e a volere lo smembramento dell'impero, mentre alcuni lungimiranti politici, tra cui il primo ministro Lloyd George e il segretario di stato americano Lansing, cercarono di evitarlo. L'impero austro-ungarico era ritenuto da questi ultimi l'unico contrappeso alla Germania e al militarismo prussiano, nonché la sola barriera che poteva contenere la penetrazione bolscevica in Europa. Se nella primavera del 1917 l'offerta di pace di Carlo I fosse stata accettata, la storia d'Europa sarebbe stata sicuramente diversa.