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Parlare d'emergenza educativa è di moda. Paventarne le conseguenze drammatiche è semplice, basta appellarsi ad evidenze già disponibili di disagio pubblico e privato che di là provengono. Tutto questo non nutre però le ragioni di un ravvedimento collettivo. Così, nella quotidiana prossimità educativa, errori ed opzioni fallimentari si perpetuano, con allegra disinvoltura, se non con aggressiva ostentazione. Non potrebbe accendere qualche rinnovata speranza la revoca di quella idolatria della criticità che porta la nostra cultura a confondere la testimonianza con l'ideologia e a bandire significati e profezia dal gesto educativo?