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Il progresso non rappresenta la fondazione della civiltà sopra le rovine dell'esistente, ma è il risultato della selezione e del perfezionamento delle nozioni trasmesse dalle generazioni passate. Per dimostrarlo, lo storico della filosofia Piero Vassallo ripercorre il deragliamento gnostico e antirealistico della "ragione" moderna, mostrando l'essenza tenebrosa e dissolutoria delle "pseudofilosofie" di Cartesio, Kant, Hegel, Nietzsche, Heidegger, Simone Weil, Bataille, Kojève, Guénon, Evola e della Scuola di Francoforte. A questi autentici "mostri della ragione" Vassallo oppone le luminose rivisitazioni del pensiero tomista, vichiano, rosminiano e kierkegaardiano operate nel Novecento da veri e propri geni metafisici quali - per nominare solo i più rappresentativi - Michele Federico Sciacca, Cornelio Fabro ed Étienne Gilson. Il preconcetto secolarista, si è oggi trasformato in strumento di perdizione, cioè di quel totalitarismo della dissoluzione (Del Noce) che ultimamente sussurra perfino dai pulpiti, consacrati alla teologia conformistica. Unico rimedio a una tale situazione di crisi è non tanto uno sterile e mummificato "tradizionalismo", ma una riscoperta attiva e dinamica della "tradizione viva" e perenne" della filosofia occidentale. Infatti, come scriveva Francisco Elias de Tejada, "La posizione che suole contrapporre la tradizione al progresso è assurda, giacché non esiste progresso senza tradizione né tradizione senza progresso".