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Rolando Guerriero ricorre a un espediente letterario, di grande tradizione, ovvero il rinvenimento di un manoscritto nel doppio fondo di una vecchia scrivania acquistata in un mercatino dell'artigianato a Lucca da un giornalista per raccontare i tragici avvenimenti bellici degli anni 1943, 1944 filtrati attraverso gli occhi innocenti di un giovane balilla livornese. Benito, dodici anni, figlio di una camicia nera, annota e commenta nei suoi diari, con un linguaggio scorretto ma vivace, i suoi pensieri e i suoi sentimenti mischiando vicende personali e fatti storici. Costretto a sfollare nella campagna pisana e poi sulle montagne lucchesi, si confronta con un mondo a lui sconosciuto: quello contadino, fatto di persone semplici e analfabete, dichiaratamente antifasciste che lo costringe a riflettere sulla vanità della guerra. I diari si interrompono bruscamente, in coincidenza con una incombente rappresaglia nazista, facendo scendere, apparentemente, una cortina di mistero sul destino del giovane. Ma non a caso il rinvenitore del manoscritto è un caparbio giornalista deciso a scoprire cosa è accaduto a Benito Ucciadi, balilla livornese.