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Di 'Nazionalfascismo', molti recensori apprezzarono il realismo politico "che fa inquadrare a Salvatorelli i miti politici e religiosi nella asciutta realtà della storia". Uscito nel 1923, il libro interpretava il fascismo come rivolta della piccola borghesia umanistica, ceto sociale sensibile a una mentalità retorica del gesto e della parola, distinto come tale dalla piccola borghesia dei tecnici. Le radici del movimento venivano inoltre individuate nell'agitazione interventista e antiparlamentare del maggio 1915. Entrambe le tesi suscitarono un'ampia discussione sulla stampa e su riviste come "La Rivoluzione Liberale". Ma il merito principale di Salvatorelli - uno dei primi antifascisti a parlare di "regime fascista" - fu aver compreso tempestivamente che l'obiettivo era quello di instaurare uno Stato totalitario, modellato sull'organizzazione, l'ideologia e i metodi di azione dello squadrismo.