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Nella stessa aula che due anni prima ha ospitato il processo a Ciano e ai traditori del 25 luglio, si apre, sotto l'egida di un'alta Corte internazionale, il processo a Mussolini. L'equidistanza e la pacatezza del presidente della Corte, O'Donnell; Mussolini, che ha rifiutato ogni avvocato difensore e, con tesi di straordinaria potenza oratoria, difende la sua politica ventennale, sviscerando ogni particolare militare e diplomatico sulla condotta della guerra e sul suo regime; l'implacabile accusatore Guglielmo Sangiorgi, non meno veemente del duce nell'inchiodare l'imputato, sulla base di irrefutabili prove, alle proprie responsabilità storiche; poi uno stuolo di testimoni: da Bonomi a Badoglio, da Ras Mangascià al capitano di vascello Papas, da Chapuy d'Ornier a Pietro Acquarone, portavoce di Vittorio Emanuele III. E ancora, l'incandescenza delle accuse e la straordinaria tesi difensiva dello stesso Mussolini, i ricatti morali di deposizioni vili e utilitaristiche, i tentativi diplomatici di composizione da parte moderata. Un se storico di abbacinante verosimiglianza, che racconta, seduta dopo seduta, l'evolversi e l'agghiacciante esito del più discusso processo del Novecento.