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La vocazione profonda dei saggi e romanzi di Italo Calvino è l'inquieta ricerca di un progetto razionale che intende la letteratura come costruzione governata dall'intelletto. Stabilendo come spartiacque tra il moderno e il postmoderno, l'opposizione di moderno-epistemologico vs. postmoderno-ontologico di Brian McHale, "Il gioco del Labirinto" interpreta questa ricerca assumendo come guida, appunto, la figura del labirinto. Negli anni Sessanta da "Le Cosmicomiche" ad "Il castello dei destini incrociati", Calvino elabora un tipo di racconto che propone al lettore "un labirinto da sfidare" con le armi dell'intelligenza. Le narrazioni sono piccoli labirinti ordinati di congetture che ci spingono ad esplorare il reale. In questi anni, la sua narrativa s'accomuna con i progetti conoscitivi ed epistemologici della modernità. A partire da Le città invisibili negli anni Settanta, e poi in "Se una notte d'inverno un viaggiatore", la costruzione letteraria si trasforma in un labirinto ontologico dove l'attenzione verrà spostata al gioco di piani.