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"Favola" è il titolo che Vera Ambra dà a questo suo canto in versi di varia lunghezza, il cui capoverso, spesso una parola sola, talvolta una frase di due o tre parole, funziona come chiave che di volta in volta apre a sorpresa, anticipando i contenuti di quei piccoli scrigni. Favola nel senso di narrazione fantastica, di invenzione letteraria, fantasia che si contrappone alla realtà storica? Narrazione, certo: racconto di qualcosa che "non è presente e neanche futuro". Quella magia che la stessa autrice chiama "poesia", quell'aprire gli occhi per guardarsi dentro. Tanti modi - e nessuno, in vero - per definire la poesia: e, in fondo la stessa autrice non la definisce, quando di essa dice che è "favola", una favola nuova "come un giorno che sorge senza progetti".