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Si parte da due punti fermi, forse gli unici dati di fatto dell'intera opera (tutta l'opera verte difatti sull'attraversamento incondizionato del registro dei possibili): da un lato il rifiuto categorico di una scala di valori e dall'altro lato la trans-territorialità. Gli autori non saranno trattati nello specifico di una determinata opera ma nell'insieme della loro produzione complessiva e, soprattutto, tenendo conto del loro modo di approcciarsi o di rendersi prossimi a quella che è l'unica costante a cui tutti i praticanti della scrittura dovrebbero relazionarsi, ovvero all'estensione, alla messa in atto di un gesto, in due sole parole: al conferimento di energia e tensione al testo. Il tutto all'insegna di una tecnica, di un metodo e quindi di una evidente maturità di linguaggio. Sebbene tutti gli autori trattati hanno qualcosa a che fare con l'Emilia-Romagna, si è cercato di individuare di tre diverse fasce di «umanità» che possiamo sintetizzare più o meno così: nativi residenti, nativi deterritorializzati, stranieri adottati. Una scelta sì obbligata ma necessaria, vuoi solo per rendersi il più possibile immanenti e per rispecchiare quella che è la vera situazione sociale in cui ci troviamo a vivere e dove, per fortuna, la moltiplicazione e l'amalgama delle radici rappresenta l'unica costante di cui tenere conto.