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Nel contesto dell'Inghilterra elisabettiana, il complesso e problematico passaggio dal Cinquecento al nuovo secolo trova nel teatro di Shakespeare il luogo elettivo di rappresentazione delle sue dinamiche e delle sue contraddizioni. Le tre opere selezionate in questo studio - "Titus Andronicus" (1593), "Richard II" (1595) e "Hamlet" (1601) - illustrano, da angolature diverse, la potenza che lo specchio, metafora medievale e rinascimentale dell'esemplarità, e l'ossimoro, figura retorica della coincidenza degli opposti, possono acquisire se assunti come paradigmi interpretativi. Nello specifico, l'analisi condotta ha cercato di far emergere e indagare lo spazio embrionale di una interiorità ancora in via di definizione ma già luogo di manifestazione di forze fra loro in contrasto nella transizione verso la Modernità.