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Ne "L'assoluta libertà del fantastico" emerge la necessità di leggere e interpretare la letteratura d'immaginazione accantonando gli schemi che ne disciplinano da troppo tempo l'appartenenza di genere, le tematiche e le modalità espressive. I tipi testuali e le regole del fantastico letterario sanciti da Todorov negli anni Settanta, e ancora oggi dominanti negli studi e nella didattica, sono infatti estremamente rigidi nell'individuazione delle componenti della letteratura fantastica, e inoltre ne collegano la fioritura alla reazione degli scrittori contro la rivoluzione industriale, con la conseguenza che l'etichetta di fantastico sarebbe da attribuire solo a testi letterari prodotti dalla fine del Settecento al primo Novecento, escludendo in tal modo le molte opere di fantasia di differenti epoche. In questo libro, accostando e analizzando testi della letteratura italiana e di altre nazionalità appartenenti a secoli diversi, si dimostra che il fantastico in letteratura ha conservato sempre le stesse caratteristiche di allontanamento dalla "normalità", focalizzandosi sul suo aspetto irrazionale e irreale, fonte di sorpresa e paura. È quindi impossibile imbrigliare in schematismi e casellari la letteratura fantastica e prestabilirne i modelli. Nel percorso che prova questo assunto non potevano non avere un ruolo di primo piano i classici, che offrono un inesauribile repertorio di casi fantastici, e dopo la trattazione del meraviglioso cristiano e delle magiche avventure cortesi si riparte dal Medioevo per scoprire il gioco del fantastico allusivo che avanti e indietro nei secoli si sviluppa attorno alla Commedia, il testo principe sulla rappresentazione dell'aldilà nel mondo occidentale.