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Chi era Hitler? Come ha potuto soggiogare la Germania? Era un pazzo, un criminale, un fine politico, un demagogo, la stessa incarnazione del male assoluto? Politici, storici, intellettuali, uomini della strada si sono cimentati nella ricerca di risposte; ma esse sono state, per lo più, parziali, in un certo senso ingenue, inadeguate a spiegare sia una personalità così contraddittoria, sia una situazione politica e sociale tanto complessa. Partendo dal primo tentativo sistematico di psicobiografia - lo studio di Langer del 1943 - per proseguire poi con quelli di Erikson, Fromm, Lasswell e altri, l'autrice di questo volume ricostruisce la personalità del Führer. Ma la domanda iniziale - Hitler era un pazzo? - diventa, nel corso dell'analisi, secondaria: dall'infanzia al suicidio la storia personale di Hitler s'intreccia con quella di milioni di persone, fino a diventare la chiave di lettura di un'epoca. Fondamentale diventa allora il rapporto tra il Führer e la massa: perché milioni di tedeschi (ma anche molti politici e intellettuali stranieri) considerarono l'ideologia di Hitler "corretta" e "adatta" a quella situazione di crisi politica, sociale e morale? Un volume che, nel ricostruire l'evoluzione personale e politica di Hitler e della società tedesca degli anni Venti e Trenta e dei suoi rapporti con quella italiana ed europea, risulta di interesse non solo per gli storici, ma anche per gli psicologi; per tutti coloro, cioè, che sono interessati al "caso A.(dolf) H.(itler)".