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«Jole Silvani aveva in sé la saggezza e la chiaroveggenza dell'arte popolare, di chi vede tutto il male, ma se ne ride». (Giorgio Pressburger) «Mi ha trasmesso la naturalezza che lei aveva con il palcoscenico, come fosse casa sua». (Paolo Rossi) «Una africanona, una specie di stregona, di sciamana, una bellissima donnona, formosa, potente, con le narici dilatate e con degli occhioni che sembravano pece liquida». (Federico Fellini) Sono giudizi su Jole Silvani (nome d'arte dell'attrice Niobe Quaiatti, nata a Trieste il 9 dicembre 1910). Jole Silvani è stata probabilmente l'ultima grande soubrette dell'avanspettacolo italiano. Con la compagnia "La Triestinissima" di Angelo Cecchelin ha fatto conoscere a tutta Italia, dal Piemonte alla Sicilia, a partire dal 1929 e per quasi trent'anni, commedie e canzoni nello stesso dialetto che si erano divertiti ad usare anche Joyce e Saba. Una soubrette di talento che Paolo Poli vorrà accanto a sé per 13 anni nei suoi spettacoli. Così come la vorrà per i suoi film Federico Fellini, che dopo lo "Sceicco bianco" la richiamerà per la "Città delle donne". Jole Silvani lavorerà anche con Bertolucci, Bolognini e la Wertmüller e nella "grande prosa" con compagnie di giro e con i teatri stabili di Torino, Roma e Trieste. Il volume, dalla ricca iconografia, ripercorre anche le vicende umane dell'attrice triestina con le testimonianze di colleghe, colleghi e registi che hanno lavorato con lei: da Lina Wertmüller a Luigi Squarzina, da Paolo Villaggio a Paolo Rossi.