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Il personaggio di Orfeo non è soltanto una figura della retorica musicale, ma lega il suo nome a una complessa e remota dottrina che percorre di traverso le vicende religiose e filosofiche del mondo greco antico. L'autore, dipanando un arduo groviglio di ipotesi spesso fra loro contraddittorie e oscure, restituisce ai lettori contemporanei l'esatta identità di una corrente spirituale che anticipa - negli interrogativi posti e nelle risposte esistenziali offerte - la crisi della soggettività contemporanea e l'irresistibile forza d'attrazione del numinoso ancor oggi presente. Orfeo, come mito e come elemento storicamente determinato, è la prima scossa che incrina l'edificio della teologia olimpica istituzionale ben prima dell'avvento del Cristianesimo. Teso fra il retaggio magico primitivo e i nuovi interrogativi ontologici sorti nel Mediterraneo dell'età classica, questo movimento riscrive il senso della morte, rivela l'immortalità dell'anima, prospetta un ideale che esalta il presentimento della "vita eterna". L'uomo orfico non ha qualità di peccatore originale; ma poiché il male è stato ereditato, l'esistenza stessa sarà una via d'espiazione. Queste grandi linee di frattura con la religione pubblica fanno di Orfeo e dell'orfismo i nuclei originari di una riflessione etica e speculativa quanto mai attuale.