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"Una poesia, questa di Martellini, che allestisce un teatro - di parole, di versi, di cadenze - in cui tornano a prendere respiro figurazioni corporee del desiderio, lampeggiamenti del già stato, forti presenze affettive. Una dizione piana, essenziale, misurata chiama le cose e i paesaggi a una nuova intimità, a una sorta di confidenza con un tempo che non è incenerito, ma ha ancora vibrazioni e richiami, luci e seduzioni. La memoria in questi versi è, insieme, evocazione e meditazione, sogno e accoglimento di un altrove che è sorgente di malinconia ma anche di grazia. Ed è permanenza aspra e dolce di un enigma: "eppure c'è qualcosa che non muta, nei mutamenti, che si strugge, nella fatalità, chiuso dentro, una parola come una radice". Ritrovare, con la forza evocativa della parola, frammenti e forme di quel che è perduto significa attingere a quella presenza che resiste nel tempo e che la poesia può custodire." (Antonio Prete)