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Una raccolta in dialetto con traduzione a fronte, per far dialogare due lingue, due tempi, due soggetti (l'io dell'infanzia e quello che scrive). Scrive Daniele Vitali nella Prefazione: "Il budriese è usato per i ricordi, dove si sente anche un certo rimpianto, l'italiano è una specie di contrappunto, con un ritmo stringente che fa invece sentire una certa ironia e un certo distacco, e interrompe un vero e proprio flusso di coscienza dialettale, in cui i pensieri che si affastellano non sono solo ricordi. In chiusura, una Nota sulla lingua di Tiziano Casella.