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Il libro raccoglie ventotto novelle poliziesche di autori dell'epoca abbasside (750-1258), ed è anche, insieme, un corso di arabo e un corso di islamistica che ci offre uno spaccato di vita quotidiana nella Baghdad medievale. L'apparato di sorveglianza e punizione messo in piedi dalle autorità politiche - emiri o califfi, prefetti o governatori che indagano e scovano ladri e assassini - rivela una teoria del potere molto lontana dagli stereotipi di un Islam improntato all'applicazione pedissequa della "sharia": principi e funzionari infliggono pene secondo una giustizia secolare che con le sue pratiche, dal metodo indiziario alla tortura ai supplizi esemplari, si pone spesso in diretto contrasto con le regole "garantiste" della norma religiosa. Emerge l'affresco di una società vivace e variopinta, in cui trame oscure e loschi piani vengono smascherati dagli strumenti della volontà divina, siano questi una pulce o la perspicacia degli uomini, e in cui la fede si alimenta attraverso l'intelligenza e il ragionamento.