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«Questi racconti non presentano alcuna visione pessimistica e "gotica" della vita e della morte. Il libro sviluppa una tesi già esplicitata nell'exergo, ripreso da Grochowiak: la scrittura cura le ferite e, scrivendo, anche la morte è lontana come lo è nell'infanzia. Alla fine, è l'autore che dà la chiave di lettura della "filosofia" presente nei racconti: l'immortalità è nei libri. La morte è sconfitta dalla scrittura. Quando parla di questo, Giovanni Bernardini parla di se stesso, di ogni scrittore, di ogni libro in cui sono depositate la nostra esistenza e la nostra anima». (Giovanni Invitto)