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Osserva Walter Benjamin come la conoscenza in ambito letterario venga a darsi solo in maniera fulminea, laddove il testo continua a lungo a risuonare come un tuono. All'incontrario il lavoro critico - e questo lavoro critico di Maria Lenti - ha da sviluppare al massimo grado il nesso espressivo che lega la poesia, nel nostro caso quella dialettale, alla lingua nelle sue molte implicazioni: una lingua che fluttua per così dire nella propria materialità a qualche centimetro da terra. E una lingua cui la qualità a sua volta di poetessa della saggista urbinate reca l'apporto di un proprio linguaggio che contiene ovviamente gli echi di altre lingue e stili offrendo ai testi analizzati ulteriori parole e ritmi. Di fronte all'universo delle opere e dei poeti presi in esame, la voce di Maria Lenti non è una voce indifferente o neutra: non è voce che si privi di se stessa, come si è detto, ma è insieme il racconto di una vicenda espressiva, quella della letteratura italiana in neo-volgare, che ha anch'essa contribuito a non lasciar svanire nell'ombra il volto della poesia.