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Che cosa spinge una donna a scrivere? Non ce una risposta univoca a questa domanda, scrivere può essere vocazione, mestiere, necessità, una impresa di civiltà. Ognuna delle 12 scrittrici interpellate dalla rivista "Tuttestorie" tra il 1990 e il 2001 - scelte tra quelle che hanno di certo contribuito a far emergere la voce delle donne in letteratura a partire dal secondo dopoguerra racconta la propria esperienza: unico elemento comune, l'aver molto letto, coltivando l'amore per la parola. Perché per governare quel "magma emozionale" da cui trarre la materia prima serve conoscere gli altrui "travagli della scrittura" e farne tesoro. Perché a volte i libri sono apertura di orizzonti, ampliamento del respiro, argine alla deriva di senso. Anche i tempi, i luoghi, gli strumenti - e i motivi interiori - di chi accetta la sfida della pagina bianca sono diversi per ognuna. Scrivere può inizialmente somigliare a un vizio o a un tic, oppure scaturire da quegli "svolazzi dell'immaginario" che, coltivati sin da bambine, può diventare la via per comprendere l'altro da sé o un "modo della vita" che tutta la definisce. Si può usare la parola contro ogni disordine, come un "atto dello spinto" o farsene ossessionare fino a sognare di notte il romanzo che sta prendendo forma. Di cosa scrivono le scrittrici? Del tempo e della vita, e del loro "incrociarsi e distruggersi a vicenda" oppure configurarsi come "reattività animale alle offese del mondo".