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Nel maggio 1937, al santuario di Debre Libanos, antico centro del cristianesimo etiopico, si scriveva una delle più cupe pagine nella storia del colonialismo italiano: a pochi mesi dalla strage di Addis Abeba, il viceré di Etiopia Rodolfo Graziani dava ordine di uccidere circa duemila persone, tra monaci e fedeli del villaggio, ritenute coinvolte nell'attentato subito dal gerarca il 19 febbraio. Un massacro premeditato, apice di una complessa strategia repressiva della resistenza etiopica, con cui il fascismo svelò un volto totalitario pienamente realizzato. In questo scenario, il diario di Attilio Joannas, sottotenente del corpo degli Alpini in missione in Etiopia in quel tragico anno, diventa un tassello fondamentale per la ricostruzione di un evento rimosso dalla memoria storica nazionale. Per la prima volta la vicenda è narrata direttamente in un documento privato, che va ad affiancarsi alle fonti ufficiali e alle testimonianze orali come prova del più grave crimine di guerra autorizzato dai comandi militari italiani.